31 dicembre 2016

Happy new year from paradise.

Gli eterni rettilinei del Sud Africa lanciano lo sguardo oltre l'orizzonte immaginario di chi, come noi, vorrebbe sempre fosse infinito.
In lontananza scorgiamo le bandiere di un posto di frontiera, ovvero quell'assurdo limite che l'uomo ha dato al proprio essere.
La frontiera che separa il sud Africa dalla Namibia è di fronte a noi.
Ci avviciniamo, come sempre, con grande circospezione consci del fatto che il passaggio di una frontiera è un momento delicato di un viaggio ma sopratutto consci, o forse esperienziati, da mille frontiere farlocche che ci hanno bloccato per ore se non per intere giornate in altri viaggi passati.
Fermo il fuoristrada in corrispondenza della sbarra, che nel suo essere storta, blocca comunque la pista sterrata.
Un uomo, non dico nero in senso dispregiativo, anzi.
Dico nero perché davvero nero come solo la notte africana può essere, ci si avvicina e con un perfetto inglese ci chiede i documenti.
Controlla come di consueto i nostri dati, come di consueto nuovamente si stupisce di tutti i visti ed i timbri che abbiamo sui nostri passaporti ( se sapesse che abbiamo già dovuti rifarli più volte a causa del fatto che non vi erano più pagine disponibili....... ).
Ci scruta negli occhi mentre controlla le fotografie dopodiché, si fa di colpo affettuoso, ci prende da parte e ci chiede se, essendo lui Namibiano di un paese distante circa 200 km dalla frontiere, potessimo noi dargli un passaggio a casa.
Io guardo Gisella, lei annuisce, io faccio cenno di sì con la testa e dopo neppure un minuto, me lo ritrovo seduto in auto.
Cambiato, ripulito e profumato come uno di quei deodoranti da auto che si appendono allo specchietto, si siede dietro di me, ovvero nel sedile posteriore destro.
Io ingrano la prima e parto per questo trasferimento da taxista di 200 km sterrati in mezzo al nulla, con il mio nuovo amico Jacobs seduto alle mie spalle.
Un tipo taciturno, come piace a me è come forse sono io.
Gli poniamo qualche domanda, ma ricevendo come risposta solo alcuni "yes" ed altrettanto "no" desistiamo e ci rimettiamo a parlare in Italiano.
In circa un paio d'ore arriviamo al paese che il mio nuovo amico ci aveva indicato ovvero Keetmanshoop. Scende dall'auto in tutta fretta, mi stringe la mano augurandomi buon viaggio mentre per Gisella neppure uno sguardo.
In molti luoghi della terra, purtroppo la donna continua ad essere considerata non alla stregua dell'uomo, e qui dove siamo noi è così.
Ripartiamo e ci avviciniamo poco a poco alla costa atlantica della Namibia, diretti a Luderitz ovvero una cittadina nata grazie alla forza imprenditoriale di un tedesco, di nome appunto Luderitz.
Tornerò nuovamente sul concetto di " forza imprenditoriale" fra breve...
Quest'uomo, già ricco di suo, possedeva una azienda la quale costruiva ferrovie.
Un suo povero ma diligente operaio, durante le attività di scavo, scopri una pietra strana.
La sua diligenza ed il suo senso del dovere, spinsero l'operaio a consegnare al suo datore di lavoro la pietra.
Quest'ultimo, facendola analizzare da laboratori di ricerca in Germania, scoprì che si trattava di un diamante.
Da lì, il buon Luderitz, cambio lavoro, dando vita ad una grande ricchezza grazie agli scavi ed ai successivi ritrovamenti di diamanti.
Tornando sul concetto di forza imprenditoriale.....la modificherei leggermente definendola " colpo di culo" e non voglio pensare a quel povero operaio, che se va bene, si sarà preso un aumentino....nulla al confronto con il valore del diamante.
Ora, circa mezzo secolo dopo, la città vecchia è totalmente abbandonata, mentre la città che si staglia sulla costa atlantica è viva anche se presenta in tutta la sua bellezza una stato di semi abbandono latente.
La Namibia, che da sempre la identifico mentalmente con il colore rosso acceso, si estende verso l'interno con uno dei più grandi e antichi deserti, in Namib.
Ci lasciamo il mare alle spalle e puntiamo dritti verso una delle zone più aride al mondo insieme al deserto, anch'esso visitato, dell'Atacama.
Percorriamo circa quattrocento chilometri di piste sterrate in un mare di rocce e sabbie dai colori che mutano in continuo mano a mano che ci spingiamo verso l'interno.
Il terreno, anch'esso cambia di continuo, intervellando sterrati veloci a cumuli di sabbia per poi cambiare ancore e dare origine a pozze di ghiaia che paiono inghiottire le ruote del fuoristrada.
Occorre guidare con attenzione in quanto, anche a causa della mia inesperienza, l'auto ondeggia e pare andare non dove io vorrei bensì dove la sabbia vorrebbe, ed in genere lei vorrebbe farmi andare fuori dalla pista....
Sono abituato a non distrarmi molto mentre guido la moto, la quale se vogliamo è sicuramente più complessa, ma non nascondo che di tanto in tanto vorrei poterlo fare.
Gisella invece, dotata di super tecnologia di tutti i tipi, passa da una delle tante telecamere che abbiamo con noi ad una delle altrettanto tante macchine fotografiche.
Fissa ed immortala ogni anfratto, cercando di centrare l'obiettivo mentre il fuoristrada salta e si scompone come fosse imbizzarrito.
Scorgiamo in lontananza il rossore delle famose dune, le stesse per le quali ci siamo spinti sino a qui.
La strada diventa improvvisamente asfaltata regalando a noi ed alle nostra ossa scekerate dai continui sobbalzi del terreno ( in gergo dicesi toluè ondulè ) una cinquantina di chilometri di pace e relax.
Così come nato però muore, ed improvvisamente l'asfalto scompare lasciando spazio a sabbia, solo sabbia ovunque.
Poco male, dico io ho il 4WD...
Mi lancio nella sabbia come un bimbo al primo giorno delle vacanze al mare.
I primi chilometri mi sento come un professionista dell'off road.
Lo spessore della sabbia aumenta e con esso diminuisce il mio senso di onnipotenza.
Il fuoristrada, anche sotto il peso della cellula dentro la quale non solo dormiamo, ma vi sono stipate bombole per il gas, doppi serbatoi del gasolio, un serbatoio per l'acqua, due ruote di scorta, un sollevatore che da solo pesa quanto me e altri mille accessori, il fuoristrada dicevo rallenta e nello spazio di un metro appena sprofonda nella sabbia incandescente del Namib.
Provo ad inserire le ridotte, cerco disperatamente di uscirne ma ogni tentativo non fa altro che peggiorare la situazione rendendo il fuoristrada sempre più simile ad un mezzo strisciante e facendo definitivamente svanire in me ogni senso di sicurezza.
Scendo dall'auto sconsolato, guardo le ruote praticamente ingoiate dalla sabbia e incrocio lo sguardo di Gisella la quale, pur non mollando mai, si vede già a camminare per ore nel deserto, sotto un sole ardente.
Come sempre, come successe nel deserto in Tunisia, mi prendo quella manciata di secondi per riflettere.
Fra i vari accessori in dotazione al fuoristrada ci sono anche due piastre apposite da collocare sotto le ruote nel caso ci si insabbi.
Sto per incunearmi nella cellula per prenderle quando sentiamo il rumore di un motore.
Un altro fuoristrada sta arrivando, alla guida c'è un uomo di colore, scopriremo dopo essere un locale che accompagnava dei turisti.
Lui percorre la pista a destra, mentre io ero a sinistra e forse questo è stato il mio errore, peccato che qui si guidi a sinistra ed io, ligio come sempre alle regole.............le rispettavo anche in mezzo al deserto.
Si ferma, mi si avvicina, entra nell'abitacolo e controlla che il turista bianco avesse inserito le ridotte.
Dopodiché mi fa segno di salire alla guida, lui appoggia le sue enormi manone sul cofano, mi dice di accelerare e con una spinta ciclopica mi spinge fuori dalla situazione.
Il resto del viaggio sino alle dune ?......vi chiederete voi ....
Ebbene si, mi urta dirlo ma è la verità, siamo saliti sul fuoristrada del muscoloso Namibiano.
Le dune, il deserto, questo immenso mare di sabbia che pare essere un oceano infuocato privo di vita e di senso, ebbene come sempre, come in altre mille occasioni ci ruba lo sguardo, l'anima ed il cuore.
Non si vive in questi luoghi, o meglio noi non siamo in grado di farlo.
Eppure la vita esiste anche qui, anche dove il sole arde di giorno ed il freddo immobilizza la notte.
Ci guardiamo a vicenda, spesso senza parlare perché ci si rende conto che in luoghi del genere ogni frase sarebbe inopportuna.
Quando il caldo diventa davvero infernale, lasciamo le dune e scendiamo verso quello che millenni fa era un lago.
Li alcuni alberi fossili sono gli attori di un palcoscenico e di un musical che racconta la storia senza essersi dovuto inventare un copione.
Il vento spazza i capelli di chi li ha, gli occhi lacrimano e le labbra si seccano.
Rientriamo al fuoristrada, ormai so dove ho sbagliato e salgo su di esso con voglia di riscatto.
Controllo di avere le quattro ruote motrici inserite, ingrano la prima marcia ed insieme a Gisella usciamo dal mare di sabbia diretti al campo poco lontano.
Passiamo la notte in quel luogo Gisella ed io, accampati ad un nulla dalle dune rosse che poco prima quasi non ci rapivano davvero.
Sono le ore 15 del 31 di dicembre.
Con i 40.4 gradi dell'aria esterna la gola fatica a deglutire e si seccano gli occhi.
Ci pensano però le lacrime a bagnarli, quelle salate gocce di rugiada umana che sgorgano nell'essere qui ora.
Il fuoristrada giace silente di fianco a noi, riposa su uno strato soffice di sabbia che pare talco.
Noi, seduti fuori a goderci il vento caldo di un pomeriggio nel deserto del Namib, siamo a circa 20 metri da una pozza d'acqua.
Per noi, europei, occidentali, donne e uomini dal palato fine e dalla capacità disumana di non sapere cosa sia il vero valore della vita, per noi una pozza d'acqua non rappresenta pressoché nulla.
Qui, in questi luoghi, una pozza d'acqua è il centro del mondo.
Mentre scrivo, d'innanzi a noi sono già transitate zebre, oryx, giraffe e mille sorti di antilopi.
Noi siam qui pronti a festeggiare il nostro capo d'anno, così, nella semplicitá di essere liberi, senza vincoli di orario o di menù.
Un fuoco acceso per tenere lontano gli animali più aggressivi, un paio di uova, tre pomodori, una cipolla ed una bottiglia di vino sud africano con la quale brinderemo all'anno nuovo ben prima che quest'ultimo giunga. Per le 20 infatti, saremo a letto, perché a quell'ora i ragni e le mille forme striscianti della Namibia inizia a vivere.
Voi direte, poveretti questi due...
Noi diciamo, poveretti tutti coloro che stasera spenderanno cifre da capogiro per un cenone, mangiando male, prendendo freddo, dovendo sorridere per forza perché il contesto lo richiede.
Poveretti coloro che dovranno per forza attendere che la mezzanotte sia scoccata per chiudere gli occhi e sognare il domani.
Noi siamo qui, da soli ma con tutto ciò che in fondo è parte di un nostro sogno.
Un sogno che, come tutti i sogni, nasce e si incunea dentro di noi.
Farlo diventare realtà è cosa ben più complessa, occorre per esempio saper immaginare di vivere diversamente cose che, da sempre, abbiamo vissuto in altra forma.
Auguriamo buon anno a tutti i sognatori, a tutti i viaggiatori, anche quelli che viaggiano solo con la mente, perché proprio per loro nutro grande rispetto.
Viaggiare sempre, anche se con gli occhi chiusi, immaginare di essere altrove, immaginare di poter respirare venti lontani, osservare sguardi sconosciuti o forse solo il nero, talvolta spaventoso di una notte africana, questo......questo non è sognare....è ciò che stiamo vivendo....nel contempo si, è un sogno.

Buon anno a tutti.






















3 commenti:

  1. Auguri di buon 2017 anche a voi grandi sognatori

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  2. ragazzi miei,come al solito,siete fantastici, anche nel scegliere i viaggi e il modo di farli!Come scrivi e racconti il viaggio unito alle foto di Gi rendono il vostro viaggio un pò nostro e per uno che si è commosso davanti alle dune del deserto tunisino non dico cosa ho fatto vedendo le vostre foto! Buon anno nuovo ragazzi e mi sembra che sia già partito mooolto bene! Daniele

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  3. auguri di buon anno e di buon altri bei viaggi, leggere le vostre storie vissute ... e sognare, di essere lì in quel posto meraviglioso africano ..io amo l'Africa anche se per motivi di salute non posso andare se no con il GAOM ( ho 20 bambini adottati) ero già laggiù con la spedizione di Natale. io odio il consumismo, infatti il 31 sono andata a nanna alle 22.00. Continuate a far sognare ...alla prossima

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